giovedì 25 ottobre 2012
da Città della Spezia
Monterosso, il paradosso di chi investe nella terra e alla fine è penalizzato
"Tornare alla terra, altrimenti non c'è futuro"'Fango secco. Un anno dopo'. Lo speciale di CDS per non dimenticare"Non abbiamo ancora avuto il tempo di pensare a quello che è successo a Monterosso"Monterosso/"Gli alberi piangevano" e quei dieci turisti dov'erano finiti? Monterosso esiste ancora. Betta: "Ci si chiede perché Sandro non sia con noi"Altri articoli sull'argomentoCinque Terre - Riviera di Levante - "È stato come aprire una attività nuova. Anzi, forse peggio, perché abbiamo dovuto rifare il pavimento". Lorenzo Carciulo descrive così la rinascita del ristorante Ciak, che si affaccia su Via Roma, nel centro storico di Monterosso, e che un anno fa fu spazzato via dall'alluvione.
Via la cucina, i tavoli, gli arredi, gli impianti. Anche l'intonaco, che si è staccato dai muri per colpa dell'umidità.
"Siamo stati tra gli ultimi a riaprire, nel periodo di Pasqua, ma questa – prosegue Lorenzo – si sta rivelando una scelta azzeccata, perché nel frattempo si sono asciugati i locali. Chi ha riaperto subito oggi si trova a fare i conti con umido e infiltrazioni".
Gli operatori turistici di Monterosso, così come quelli di Vernazza, si sono rialzati rapidamente. Non senza sacrifici, anzi, ma senza grandi difficoltà dal punto di vista economico. Non nascondiamoci dietro a un dito: le stagioni record degli ultimi anni hanno fatto mettere da parte somme importanti.
"Il paradosso – spiega Lorenzo – è che chi ha investito sul territorio, intaccando le proprie risorse per curate limoneti e muretti a secco, dopo l'alluvione si è trovato senza liquidità disponibile. Chi invece ha proseguito con la mentalità ristretta che non guarda al domani, pensando 'tanto il turismo arriva, perché fare di più?', ha avuto meno difficoltà". Più che un paradosso pare un'ingiustizia divina.
Eppure il messaggio che ha iniziato a filtrare dopo l'alluvione è ben chiaro, bisogna mantenere di più e meglio le campagne, soprattutto in un territorio fragile come le Cinque Terre.
"Sì, lo sanno tutti. Ma poi chi lo fa? All'indomani dell'alluvione abbiamo fatto riunioni su riunioni, abbiamo scelto di metterci una quota a testa, ma se poi la stagione turistica va bene lo stesso, finisce tutto in una bolla di sapone. Io negli anni scorsi ho investito nella terra: ho speso tanti soldi per sistemare i muretti, quando i turisti passano si fermano per fare le fotografie nel nostro limoneto. Ma la bellezza non ripaga sino in fondo dei soldi spesi e in più subentrano i problemi burocratici legati alle autorizzazioni, ai bolli, ai permessi".
Viene proprio da pensare: ma allora, se la politica non premia certe scelte, chi te lo fa fare?
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C'è anche chi i muri li fa demolire per poi ricostruirli con dietro una grande cantina: e si, il mondo è dei furbi!!!
RispondiEliminaLeggendo questo pezzo mi è venuto in mente lo scritto di Maurizio Maggiani del 26 ottobre 2011, scritto che tanto sdegno suscitò in paese . Allora aveva ragione a dire che abbiamo privilegiato il guadagno facile ricavato da un turismo mordi e fuggì anziché incentivare in modo serio una vera tutela del territorio che è la nostra vera ricchezza ? Se così fosse, il problema è veramente grave perché non si tratterebbe di cambiare una amministrazione ma il modo di pensare e di agire di buona parte della popolazione. Una missione quasi impossibile. O no?
RispondiEliminaNon e' impossibile se se ne incomincia almeno a parlarne,certo che poi bisogna proseguire con i fatti
RispondiEliminaFra qualche settimana c'è il rischio che incomincino i lavori del secondo lotto di Piazza Garibaldi. Se vogliamo fare i fatti, troviamoci tutti in piazza e... Che l'inse!!!
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