domenica 7 novembre 2010

un grazie di cuore ad Alessandra Fava, una voce fuori dal coro !

Parco nazionale 5 terre – LA PENTOLA SCOPERCHIATA DEL NOSTRO DISNEYLAND AL PESTO

Di Informazione Sostenibile • 25 ott 2010 • Categoria: Analisi, Contemporanea-mente, Prima Pagina
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di Alessandra Fava
i magistrati hanno aperto alla fine di settembre una vasta inchiesta sul parco delle Cinque terre arrestando il suo presidente Franco Bonanini, diversi suoi collaboratori, persino il sindaco, l’ex sindaco, il capo della polizia municipale e i componenti dell’ufficio tecnico del comune di Riomaggiore. Ma gli stessi elementi portati alla luce agli investigatori da intercettazioni ambientali, telefoniche, pedinamenti e perquisizioni anche negli uffici regionali a Genova, oltre che nella sede del parco e del Comune di Riomaggiore (che tra l’altro si trovano nello stesso edificio) sono gli stessi sui quali nutrivano forti sospetti alcune associazioni ambientaliste radicate sul territorio e anche cittadini ‘liberi’ che si sono sempre espressi in rete costretti ad usare degli pseudonimi per non essere perseguitati dal Faraone che ha punito ogni voce contraria con cause e tribunali.
La Procura della Spezia accusa gli indagati a vario titolo di aver truffato lo Stato e l’Europa per cifre di oltre 2 milioni di euro, di aver fatto dei falsi (ci sono le intercettazioni ambientali su come venivano taroccate ad esempio le concessioni edilizie), di aver calunniato (anche chi indagava, come il capo della polizia provinciale distaccato alla procura del tribunale di Spezia) e corrotto.
L’opacità e il controllo
Già nel 2006 in rete era possibile trovare voci dissenzienti che criticavano l’operato del presidente, non certo per motivi personali ma per questioni di trasparenza. Si cercava semplicemente di capire come venivano usati i soldi che arrivavano al parco, perché si decideva di sbancare una collina (quella di Pianca) per fare una scuola che avrebbe costretto i bambini dei cinque paesi vicini a fare delle mezz’ore di corriera tra le curve dei monti invece di essere radunati a valle usando appunto i treni locali.
Poi c’era il problema del turismo sostenibile (ad esempio far arrivare una massa di turisti vuole dire anche avere abbastanza acqua corrente per dar da bere e far funzionare dei servizi pubblici, avere una rete di sentieri funzionanti e non solo la nota via dell’Amore). Poi veniva il problema dell’inquinamento del mare: ad oggi alle Cinque terre non c’è un depuratore; infine le urbanizzazioni che andavano avanti nonostante il parco, come il progetto di un residence a Corniglia praticamente sulla riva del mare.
Erano poche le voci dissenzienti, bisogna dirlo. Molti avevano paura, tanti tra gli abitanti dei tre comuni delle Cinque terre negli anni sono stati cooptati (in maniera anche positiva) dall’ente parco, hanno avuto o hanno parenti che ci lavorano e quindi tacevano. Le poche voci contro quindi erano quelle di chi non aveva interessi specifici, ma come cittadini erano allibito dal fatto che ad esempio la gestione di un ente non avesse mai prodotto un bilancio pubblico, consultabile in cartaceo o in rete. Il Vas, che ha sede a Roma e una forte delegazione nelle Cinque terre, insieme al Comitato per le 5 terre di Corniglia (poi Osservatorio europeo per le 5 terre), si è pagato diverse interrogazioni, cause, esposti al Tar, processi.
Ma le voci contro hanno sempre avuto vita difficile come dimostra il fatto che un imprenditore agricolo abbia dovuto sostenere 7 processi in civile e 7 in penale e una professionista che aveva lavorato brevemente per il parco abbia dovuto scontare con una denuncia per diffamazione dopo alcune critiche espresse su un giornale locale. Insomma il Faraone come è chiamato il presidente del parco non la mandava a dire, querelava e perseguitava chi lo criticava.
La prima inchiesta
Nel gennaio del 2007 dopo aver passato alcune giornate insieme ai ‘’resistenti’ delle Cinque terre, scrissi un pezzo per il Manifesto che la redazione intitolò ‘Disneyland al pesto’ (dalla frase di un abitante): sostanzialmente si diceva che i muri a secco non avevano alcuna manutenzione straordinaria e sistematica (per tener su un monte si deve partire dalle fasce in basso e salire verso l’alto) e quindi crollava tutto, si diceva che non c’erano bilanci e che non si sapeva come venivano usati i fondi e che mettere un residence elefantiaco sulla riva del mare a Corniglia non sembrava una scelta eco-compatibile. Sulla manutenzione dei sentieri le parole raccolte allora furono profetiche: il sentiero nel 2007 era ancora tutto percorribile a piedi, non lo è più almeno dal 2008 a causa di frane, smottamenti e cattiva tenuta dei muri a secco che se abbandonati precipitano letteralmente a valle.
Nei mesi successivi del 2007 il Vas e il Manifesto cercarono di capire se davvero era impossibile avere visione dei bilanci del parco. Chi scrive trovò porte chiuse in Regione Liguria (‘’forse ci sono, glieli farò avere’’ parole dell’allora assessore all’ambiente Franco Zunino che poi non produsse nulla), come al ministero dell’Ambiente allora in mano al Verde Pecoraro Scanio e presso lo stesso Parco. Il Vas ricevette una lettera dal ministero a firma Aldo Cosentino (l’attuale commissario del parco) in cui si diceva che come associazione ambientalista i conti non erano di suo interesse. A me dissero che dovevo chiederli al parco e anch’io rimasi a mani vuote.
Se si continua a scavare …
A parte questa storia, il Vas intanto scartabellava le carte del parco scoprendo, ad esempio, che il Comune di Riomaggiore aveva ricevuto dei fondi Cipe attraverso la Regione da utilizzare per la riqualificazione scolastica del centro di Bevea e invece li aveva fatti transitare a un’altra amministrazione, il Comune di Vernazza, per sbancare la collina e fare il complesso di Pianca (alla relativa Conferenza dei Servizi l’unica presenza segnalata fu quella del geometra del comune di Riomaggiore, ora agli arresti).
Poi c’erano altri misteri, ad esempio come mai un’associazione ambientalista come Legambiente potesse dichiararsi a favore della costruzione di un residence in riva al mare a Corniglia che andava a sostituire dei vecchi piccoli edifici con presenza di amianto ormai fatiscenti o perché la famiglia di Bonanini fosse negli organi di presidenza e nei consigli di quasi tutte le cooperative costruite intorno al parco per gestire i sentieri, il ticket, la raccolta dell’uva e la produzione del vino, la gestione dei bar e dei ristoranti che nascevano come funghi in immobili acquisiti via via dall’ente.
L’inchiesta del Manifesto venne bloccata dalla minaccia di querela per diffamazione alla redazione e a me iniziata con una telefonata della polizia giudiziaria di Roma che chiedeva i nostri recapiti. Per fortuna la querela non fu mai notificata ma il mio giornale non è mai stato molto ricco e decise di piantarla lì.
Alle Cinque Terre non si arresero, hanno continuato a raccogliere materiale, a scrivere su siti internet, a organizzare convegni e incontri e passeggiate da un paese all’altro per parlare di tutela, trasparenza, rispetto dello spiritus loci. Che molti non si siano stancati di chiedere più democrazia lo dimostra anche il fatto che l’inchiesta della Procura di Spezia ha avuto inizio proprio dalle denunce di alcuni abitanti di Riomaggiore. Così oggi le accuse dei magistrati non ci stupiscono per niente. Semmai i silenzi e le collusioni dei giornali locali.
Foto tratte da: voceditalia.it – giornaledimontesilvano.com – siciliainformazioni.com – it.wikipedia.org – santuariomontenero.it – colledeltelegrafo.it – (la foto del muraglione crepato sotto il villaggio Europa è di proprietà della rivista)



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