sabato 25 settembre 2010

meno male che ci sono ancora in giro persone che pensano con la loro testa !
"Gli amministratori si convinceranno a cambiare rotta per preservare il territorio?"


 Mentre a Sarzana la seconda assemblea nazionale per lo "Stop al consumo di territorio" si è chiusa, con una serie di ospiti eccellenti (i presidenti Nazionali di Slow Food e di Legambiente, Ennio Salamon - fondatore Doxa, gli urbanisti Salzano e Baldeschi, i giornalisti Sansa e Preve che presenteranno il loro libro “La colata”, il gruppo di Asor Rosa, il fondatore Domenico Finiguerra e molti altri) che ci invitano a preservare cultura e territorio, zone agricole e paesaggi, rilanciando l’idea di un turismo sostenibile fondato sulle risorse naturali, il nostro territorio continua imperterrito a sfornare idee deliranti. Un grande outlet a Brugnato, 10 capannoni artigianali in Val Graveglia, l’ipotesi di un campo da golf in Val di Vara, una darsena di proporzioni enormi sul fiume Magra, 83.000 mq di abitazioni a Fiumaretta e Marinella, un grattacielo sul porto della Spezia, più un numero imprecisato di case e casette, spesso frutto di decine di varianti ai vari piani regolatori. Un territorio martoriato dove amministrazioni disperate per la cronica penuria di denaro invece che investire su un futuro fatto di turismo sostenibile e adeguato ai contesti locali ed alle bellezze naturali (il verde che ancora caratterizza la Val di Vara, il paesaggio insuperabile che rimane quasi inalterato da secoli tra Montemarcello, il fiume Magra, il Parco Campagna; piccole valli, colline e borghi ancora incontaminati, sia in Val di Vara che in Val di Magra) sognano centri commerciali, zone artigianali, capannoni industriali, ma anche campi da golf, grandi darsene in grado di ospitare i mega yachts, terze corsie, grandi alberghi. Fingono di non conoscere i dati “incontestabili” sul declino dei grandi outlet in tutta Italia ed il crollo delle vendite (si vedano dati recenti relativi ai centri commerciali di Serravalle Scrivia e Barberino del Mugello), la crisi della nautica, la sovrabbondanza di alloggi sfitti, le tendenze internazionali verso un turismo in cerca di paesaggi naturali e talvolta desolati (la Camargue, la Croazia, la Patagonia), non di campi artificiali, di costiere adriatiche, di aereoporti inutili. In ultimo, non avendo ancora compreso la vera vocazione del nostro territorio, ambìto turisticamente proprio perché sobrio e contenuto, apprezzato perché modesto e naturale, vivibile perchè ricco di storia e tradizioni, paesaggi e vedute, cultura e colture, e non in grado di sostenere progetti grandiosi, né idee “maniacali” di più o meno giovani amministratori convinti di risollevare le sorti delle esangui casse comunali con la cementificazione o capannonizzazione del territorio. Peraltro non consapevoli, o forse non aggiornati sugli ultimi dati che svelano una crisi cronica e forse irreversibile non solo tra i presunti investitori, ma in quello stesso modello di sviluppo economico che viene stancamente da loro propugnato (per una breve e semplice rassegna bibliografica si veda il recente "L’economia giusta" di Edmondo Berselli, i saggi dell’economista francese Serge Latouche, il volume Slow economy di Federico Rampini, il libro "La bolla" di Curzio Maltese). Come fare a fermarli, a persuaderli dell’illusoria equazione cemento-sviluppo-lavoro, a convincerli a cambiare rotta prima che le nostre valli e i nostri borghi vengano irrimediabilmente deturpati?
Roberto Mazza, lettera pubblicata su di un quotidiano on line

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