domenica 18 dicembre 2011

Come la vedono verso "sinistra"

LE REPUBBLICA - IL REPORTAGE


Val di Vara, un mese dopo l'alluvione a orologeria
Un mese dopo l'alluvione percorrendo il martoriato territorio fra Brugnato, Borghetto e Pignone, ci si rende conto che il disastro è destinato a ripetersi: boschi abbandonati, costoni franosi, torrenti privi di qualunque regime per controllarne le acque. Prima o poi la paura tornerà.
dal nostro inviato MASSIMO CALANDRI
PIGNONE - Bisogna salire quassù, per rendersi conto che accadrà di nuovo. Domani. Oppure tra un mese. Forse un anno. Ma i torrenti torneranno a gonfiarsi, la terra a franare. La pioggia inzupperà tutto e si apriranno ferite profonde in quelle rocce fragili. I pini rinsecchiti rotoleranno giù per i declivi e trascineranno le altre piante, fino a stipare per bene gli archi dei pochi ponti rimasti. E sarà un'altra esplosione di acqua e di fango. Una valanga che scenderà dall'alto senza logica ma con rabbia, coprendo strade e scavalcando argini, travolgendo tutto quello che troverà sul suo percorso. Accadrà di nuovo perché è inevitabile. Perché questo è un suicidio, dobbiamo esserne tutti consapevoli. E responsabili.
Un mese dopo l'alluvione, la gente ancora non sa che a tracimare non sono stati il Vara o il Magra, ma i torrenti a monte. Dove la terra è abbandonata da decenni. Dove nessuno cura più i sentieri o le sorgenti. Non si tagliano gli alberi sulle pendici, i pini marittimi sono decimati da un parassita di origine americana - Matsucoccus feytaudi - , una cocciniglia che da trent'anni infesta i nostri alberi liguri: li spoglia, li fa seccare, quelli si spezzano e finiscono di sotto. Il bosco sparisce rapidamente, rami e foglie non filtrano più la pioggia che cade direttamente indebolendo un terreno che è carsico e già friabile per conto suo. Parlano tanto di dragare il letto dei grandi corsi - e con la fretta che genera sempre nuovi disastri, perché molte piante nel mezzo servono all'equilibrio dei fiumi stessi - , ma sono quelli piccoli che andrebbero puliti da migliaia di tronchi e altrettanti smottamenti. Un tempo a fare ordine in armonia con la natura ci pensavano le persone che abitavano qui. Oggi queste sono montagne fantasma.


I padroni scomparsi. Cinquant'anni fa gli abitanti dell'Alta Val di Vara erano 12.483. Attualmente sono la metà, 6.782. La maggior parte di loro è scesa in basso, dove la popolazione è salita da 16.891 a 24.371. Ha lasciato i boschi e gli scarponi, s'è infilata la tuta da operaio. A lavorare in quello che un tempo era l'Arsenale o nelle tante fabbriche spezzine. Costruite su terreni che prima erano percorsi dai fiumi. O come l'autogrill di Brugnato, che poggia su di una landa destinata in origine allo sfogo del Vara. Questi sono numeri e sono mappe consultabili da chiunque, mica storie da focolare.



Lassù non è rimasto nessuno. Ci sono intere montagne abbandonate, vai a sapere a chi appartengono. Quella collina coperta di sterpi? Era di una famiglia del paese, da generazioni vivevano dei castagni: la legna è forte, l'ideale per costruire, e poi ci sono i frutti. Ma un po' alla volta sono emigrati in Argentina, in cerca di fortuna. Il bosco? C'era rimasto un anziano, era vent'anni fa: chiedete ai parenti, gli ha lasciato tutto, forse qualcuno abita ancora nelle Cinque Terre. I consorzi di bonifica altrove funzionano così: la Regione stanzia una quota ai proprietari dei terreni, e quelli si occupano del mantenimento. Su queste montagne ci vorrebbe un censimento delle terre incolte, una mappa catastale. Ma quassù che fine hanno fatto i padroni della terra?
La Madonna che non c'è più. Pignone, la "porta delle Cinque Terre". Qui il Parco di Monte Marcello aveva recuperato il vecchio mulino Calzetta, rintracciando gli otto eredi (compreso Dario Vergassola, il comico, che non ne sapeva nulla) e dandolo in gestione al Cai. Lo si raggiungeva percorrendo un ponte medievale a tre arcate. Volevano recuperare un vecchio frutteto di meli, ciliegi, noccioli. Avevano già rimesso a nuovo un sentiero tra lecci, agrifoglie, piante di zafferano. L'alluvione ha distrutto tutto: il ponte, i sentieri, la strada provinciale. Ci vorranno milioni di euro, e solo per riparare. Più sotto, in paese, il fango ha spazzato via ogni cosa. Anche un altro ponte, e l'acqua si è portata via una Madonna con bambino. Che anni prima - "durante una memorabile piena", come recita una targa sopravvissuta - era stata rinvenuta miracolosamente intatta centinaia di metri più a valle. Questa volta non l'hanno più trovata. Ed è un altro segnale che ci si ostina ad ignorare.
Gli esempi virtuosi. Le centinaia di milioni di euro, se mai arriveranno, serviranno solo a ripulire le strade e puntellare i costoni. Ma non basta. Bisogna ripensare l'approccio a questi luoghi. E bisogna farlo subito, perché domani forse sarà già troppo tardi. A 7 chilometri dalla confluenza del Magra a Sarzana, grazie all'intervento del Parco di Monte Marcello si è cominciato a recuperare la legna di risulta e quella da tagliare. Con un contributo della Comunità Europea, il Comune di Rocchetta Vara ha comprato una caldaia. La legna finisce lì, riscalda il centro sportivo e la scuola. "Ci vogliono esempi virtuosi come questi", spiega Patrizio Scarpellini, direttore del Parco. "Servono nuove filiere del legno e piccoli centri di produzione di bio-massa. Il taglio selettivo degli alberi. La pulizia dei corsi a monte. Il progressivo recupero di quei terreni che l'uomo ha gestito per migliaia di anni e cui improvvisamente ha voltato le spalle".
La strada provinciale che passa sotto Vezzano Ligure è appena stata riaperta, a un anno dalla precedente alluvione. Qui una poliziotta era stata schiacciata da un albero crollato all'improvviso. Un mese fa Brugnato sepolta dal fango. Sei persone morte a Borghetto Vara. Ma non è stato il Vara a tracimare, no: sono stati i torrenti Pogliaschina e Gravegnola, intasati dalle tonnellate di legna accumulate sui corsi più in alto. Se salite quassù, scoprirete che in queste settimane altri pini sono seccati. Spezzati, sono rotolati di nuovo giù, insieme a terra e pietre. In attesa di un altro diluvio

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