sabato 26 novembre 2011

Veramente ci ha cambiato l'alluvione, o ci ha solo aperto gli occhi



A Monterosso un mese dopo il disastro
"Il paese è sparito ma siamo più uniti"

Le Cinque Terre in emergenza: "Vivere sotto una tenda ci ha fatto riscoprire la solidarietà". Le scuole restano inagibili, gli studenti ogni giorno devono compiere un viaggio. Nelle case non c'è ancora il gas e il "ristorante d'emergenza" è la nuova piazza
di JENNER MELETTI
MONTEROSSO - La maestra Marina Gargani è brava ma ai suoi ragazzini di terza e quarta elementare non riesce a dare tutte le risposte. "Maestra, quando torneremo nella nostra scuola? Qui non si sta male ma non c'è l'aula di informatica, non c'è la palestra per la ginnastica...". La maestra si era informata in Comune e fino all'altro giorno rispondeva: "Mi hanno detto che dopo Natale tutto tornerà come prima". Ma adesso, quando arrivano le domande dei bambini, è meglio cambiare discorso. "Non credo - dice il sindaco Angelo Betta - che riusciremo a riaprire le elementari e le medie prima del prossimo anno scolastico. Per sedersi ai nuovi banchi di scuola, gli scolari e gli alunni debbono prendere un pulmino o il treno, ma almeno hanno trovato una sistemazione. Per i torrenti e le frane siamo invece in piena emergenza: se non interveniamo subito, rischiamo l'alluvione già alla prossima pioggia". Il pullman delle 8 del mattino, per i 45 bambini delle elementari, è comunque un'avventura. Si ride e si scherza. Si sale su, verso un istituto religioso, il padre Semeria. Banchi singoli per i più piccoli, grandi tavoli scuri per i più grandi. Il più felice di tutti è Marco, che è appena stato interrogato e ha preso 10.
Anche la scuola chiusa dall'alluvione, l'Enrico Fermi, è nella parte alta del paese. Il fango - due metri - è stato tolto dal cortile e l'edificio sembra in ordine. Ma il problema è dietro e al fianco della scuola, sulla montagna che sembra voler prendere a spallate tutto ciò che è stato costruito sopra di lei. Una frana - uno dei cinquanta smottamenti che sono partiti un mese fa e ancora non si sono fermati - preme contro i muri di recinzione e anche contro le pareti delle aule. Prima di riaprire la scuola, bisogna fermare la montagna. Ci sono ruspe al lavoro, per contenere la pressione. Ma per molti mesi ancora i ragazzini delle medie dovranno essere puntuali alle 7,30 in stazione, per salire sul treno per Levanto.
"I genitori si sono organizzati - dice Birgit Rose Nicora, insegnante di lettere e responsabile del plesso scolastico - e a turno accompagnano sul treno i ragazzi di prima e seconda media. Quelli di terza possono viaggiare da soli". Ma non c'è allegria, nel vagone degli alunni delle medie. "Fra di loro - dice l'insegnante - ci sono quelli tirati fuori dalle finestre di casa e salvati per miracolo. Ci sono altri che ascoltano i discorsi dei loro genitori che hanno perso la casa e anche il lavoro, e magari per anni hanno pagato il mutuo per un appartamento che non c'è più".
Il nuovo cuore di Monterosso è un grande tendone dell'Anpas, l'associazione nazionale delle pubbliche assistenze. Quasi 500 pasti a mezzogiorno, 200 la sera. Nelle case non c'è ancora il gas e il tendone è diventato la mensa di chi non è sfollato (350 persone) e dei soccorritori. "Questo "ristorante" d'emergenza - racconta il sindaco - ha cambiato il paese. Ci ha fatto ritrovare come comunità. Vede, ci sono fratelli che non si parlano per trent'anni e poi, quando muore il padre, colpiti dal dolore si ritrovano e si abbracciano. L'alluvione ha fatto riabbracciare tante persone. Avevi litigato per un confine, una finestra e altre stupidaggini. Poi arriva la disgrazia e ti accorgi che non puoi essere così pazzo. Come puoi non salutare un tuo paesano quando un uomo vero come Sandro Usai, che fra l'altro era arrivato dalla Sardegna, è morto per salvare gli altri?". Oggi pomeriggio ci sarà un'assemblea, sotto il tendone, e una Messa in ricordo del volontario strappato alla famiglia dalle acque del rio Morione. "Per troppi anni - dice padre Renato Brenz Verca, frate cappuccino - abbiamo pensato solo ai soldi, con l'ansia di chi prima era troppo povero. L'alluvione ci ha ricordato che siamo uomini fragili e ci ha fatto riscoprire la solidarietà".
Due bar e due parrucchieri, per uomo e donna, sono stati riaperti. Chiusi tutti i ristoranti, gli hotel e i negozi. "Vedesse la gioia - raccontano Luca Benvenuti e Francesco Brozzas, dell'"Ustaìa du Sciensa" - di chi entra al mattino a prendere il caffè... Si riprende un'abitudine e dopo il disastro un'abitudine è una conquista. E al martedì e al mercoledì, dopo avere spalato fango tutto il giorno, i ragazzi si trovano qui per l'aperitivo e la Champions". Oggi scade anche lo "stato di emergenza" deciso dalla Regione. "Ma noi abbiamo bisogno - dice il sindaco - di almeno altri 8 o 10 giorni. I nostri torrenti, il Morione, il Servano, il Valle e il Buranco sono in gran parte ancora pieni di detriti. Dobbiamo liberarli e il Comune non ha mezzi. Sappiamo che in questo mese ci sono state tante altre alluvioni e non vogliamo pesare sullo Stato. Chiediamo solo di finire la messa in sicurezza dei torrenti".
Via Roma, quella centrale, è quasi scomparsa, perché la copertura del Morione è stata tolta. "Saranno gli esperti a dirci cosa dobbiamo fare, se lasciare libero il rio o se coprirlo come prima e rimetterci sopra i tavolini dei ristoranti. Un fatto è certo: se non cambiamo la montagna, ciò che faremo a valle sarà un palliativo. Noi con questo disastro abbiamo avuto almeno 50 milioni di danni. Non era meglio spendere la metà e fare una prevenzione vera, finanziando ad esempio il ritorno dei giovani all'agricoltura di montagna? Con 5.000 - 10.000 metri quadrati di terreno non puoi vivere, e senza incentivi non puoi chiedere a un giovane di spaccarsi la schiena come faceva suo nonno, che lasciò la montagna proprio perché non riusciva a mantenere la famiglia". Anche il tendone verrà tolto nei prossimi giorni. "Noi speriamo - dicono il vicesindaco Marisa Cebrelli e l'assessore Elisabetta Delbene - che resti, anche senza mensa, fino a Natale. Per avere un posto dove trovarci tutti insieme, a discutere del nostro futuro. I bimbi ci vanno a giocare, ieri c'è stata anche una festa di compleanno. E ci vanno anche anziani che da anni non uscivano di casa. L'alluvione, forse, ci ha cambiati davvero".

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